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Le brughiere a mirtillo
Atmosfere nordiche in pieno Mediterraneo
Sulla catena del Gran Sasso, costituita da calcari e dolomie che conferiscono alla montagna un aspetto maestoso, con pareti altissime e verticali non riscontrabili in nessun altro settore dell'Appennino, il mirtillo nero è estremamente localizzato: si rinviene oltre il limite della vegetazione arborea, in piccole vallette o pendii sub-pianeggianti con esposizione settentrionale, dove il suolo è più profondo e soggetto a decalcificazione.Al contrario, sui Monti della Laga, costituiti di arenarie e marne che determinano suoli più acidi, il mirtillo è ampiamente distribuito e ben noto alle popolazioni locali che ne raccoglievano le bacche, buone per confezionare sciroppi e confetture. Meglio conosciuto dagli abitanti del luogo con il nome di maule o maulelle, il mirtillo si rinviene nei boschi, in particolare nelle faggete, e oltre il limite della vegetazione arborea.
Caso unico nell'Appennino Centrale, sui Monti della Laga il mirtillo nero costituisce una fascia di vegetazione tra il bosco in basso e i pascoli primari in alto. Si tratta di una vera e propria brughiera subalpina che caratterizza alcune cime quali il Pizzitello (m. 2221) e il Pizzo di Sevo (m. 2419). La specie dominante è il mirtillo a cui si associano altre entità floristiche come l'iperico (Hypericum richeri subsp. richeri) o l'antennaria (Antennaria dioica). Frequente in queste brughiere è anche la Cetraria islandica, un caratteristico lichene nordico che, alle latitudini meridionali, si rinviene solo sulle cime più elevate.
Sul Pizzo di Sevo e in qualche altra località, oltre al mirtillo nero è presente anche il falso mirtillo (Vaccinium gaultherioides), una specie rarissima che non si spinge più a sud dei monti del Parco.
Nelle vallette nivali prossime alle brughiere, oppure sui versanti settentrionali si localizzano le formazioni a salici nani, veri e propri alberi in miniatura, prostrati per resistere alle particolari condizioni climatiche. Si tratta di due specie distinte: il salice retuso (Salix retusa) e il salice erbaceo (Salix herbacea), quest'ultimo rarissimo sull'arco appenninico, che proprio nel Parco raggiunge il limite meridionale della sua distribuzione.
In questi ambienti, e in generale sulle praterie d'altitudine, si localizza una comunità d'insetti ricca di entità a carattere relittuale ed endemico, come nel caso delle cavallette Podisma goidanichi e Ploysarcus denticauda.