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Progetto per la conservazione di Rupicapra pyrenaica ornata (Camoscio Appenninico)
Il Life Natura per la "conservazione di Rupicapra pyrenaica ornata nell'Appennino centrale" è un progetto che dura ormai da quasi un decennio (Life Natura I dal 1997 al 2001 e Life Natura II 2002 - 2005) con risultati particolarmente incoraggianti di cui il Parco è certamente orgoglioso. Un progetto finalizzato alla tutela e all'espansione delle uniche due colonie di Camoscio Appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata) presenti al di fuori del Parco Nazionale d'Abruzzo si concretizza già nel 1991 con il promulgamento della L.Q. 394/91 sulle Aree Protette che garantisce la tutela necessaria alla riuscita dell'operazione di reintroduzione.
L'iniziativa interessa le aree montuose di tre Parchi Nazionali: il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, il Parco Nazionale della Majella ed il Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Va sottolineato che il Camoscio Appenninico è una delle entità faunistiche più rare, tale da essere inserita come specie prioritaria nell'Allegato II e IV della Direttiva Habitat e in altre convenzioni internazionali, ma il Camoscio è soprattutto l'animale simbolo di questo Parco, dominatore delle vette e degli ambienti estremi dell'area protetta.
Sul Gran Sasso i primi 3 Camosci arrivano all'Area Faunistica di Farindola (PE) il 29 luglio 1992 e a questo fa seguito nell'ottobre dello stesso anno la liberazione a Campo Pericoli nel cuore del massiccio dei primi 7 camosci totalmente liberi. Si ha subito un effetto "esplorazione" e i camosci si disperdono in varie direzioni. Durante l'inverno e la primavera successiva vengono avvistati esemplari nei comuni di Isola del Gran Sasso, Nerito di Crognaleto, L'Aquila, Pizzoli. Una sola femmina di nome Bella si stabilizza sul Monte Cefalone e sopravvive. Nel 1993 vengono liberati sul Monte Coppe altri 9 esemplari e un maschio di nome Gandalf, attraversa tutta la catena e, incontrandosi con Bella, si ferma sul Cefalone dando vita al branco che dal 1994 si riproduce felicemente. Gli altri animali colonizzano il versante meridionale della catena e scelgono le pareti più impervie del Monte Camicia dove l'ultimo Camoscio era stato ucciso dai cacciatori cento anni prima, nel 1892 come riportano le cronache di allora. Nel 1994 avviene l'ultima liberazione di 10 esemplari nello stesso sito.
Nel 1995 finisce la fase di erratismo e si stabiliscono tre distinti branchi in tre diversi territori. Nel 1998 la popolazione con la nascita di 13 piccoli Kid nei tre branchi era di circa 50 esemplari e l'areale di presenza si estendeva sulle creste dal Monte Camicia al Cefalone. Alla fine del 2001 i branchi di camoscio sono cinque, in quell'anno si contano 19 nuovi nati e il Censimento autunnale stima la popolazione in circa 90/95 esemplari. L'Area faunistica di Farindola viene "promossa" a Captive Breeding Area" per future liberazioni su altri massicci dell'Appennino Centrale. Il ministero dell'Ambiente, grazie anche ai risultati ottenuti sul Gran Sasso, stila il Piano d'Azione sulla specie che contiene le Linee Guida e le misure di tutela da perseguire.
Un secondo finanziamento Life della Comunità Europea nel 2002 prosegue l'approfondimento della reintroduzione, le problematiche evidenziate negli anni trascorsi, i possibili futuri scenari per la specie.
Nel 2003 la popolazione sale a circa 140 esemplari e 2 nuovi branchi si formano sul Monte Prena. Nel 2004 il monitoraggio evidenzia la nascita di 35 piccoli nati nei vari nuclei riproduttivi e la popolazione nel censimento autunnale viene stimata in circa 170 esemplari su un territorio che ormai coinvolge tutta la catena del Gran Sasso dal passo delle Capannelle a Vado di Sole. I dati del monitoraggio 2005, a dieci anni dalla formazione dei branchi da parte dei primi 26 animali rilasciati, evidenzia una situazione ottima con un accrescimento medio del 23% annuo, la formazione di 10 branchi, l'espansione di maschi in dispersione anche verso territori estremi come a sud verso il Monte Cappucciata e a nord sul Monte San Franco. Rimangono irrisolte alcune serie problematiche relative al randagismo, al sorvolo e alla monticazione dei pascoli ma la reintroduzione sembra avvita ad un felice finale.
Attualmente la popolazione di Camoscio è di oltre 400 unità suddivise in molti nuclei riproduttivi che garantiscono una buona "rimescolanza" genetica e una Popolazione Minima Vitale (MPV) accettabile dalla comunità scientifica.
Per l'Ente Parco l'orgoglio di essere riusciti, insieme a tutti gli altri protagonisti di questo progetto, ricercatori, università, Enti pubblici, Enti Parco, Associazioni a salvare dall'estinzione la Rupicapra pyrenaica ornata considerato da tutti il Camoscio più bello del mondo.
L'iniziativa interessa le aree montuose di tre Parchi Nazionali: il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, il Parco Nazionale della Majella ed il Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Va sottolineato che il Camoscio Appenninico è una delle entità faunistiche più rare, tale da essere inserita come specie prioritaria nell'Allegato II e IV della Direttiva Habitat e in altre convenzioni internazionali, ma il Camoscio è soprattutto l'animale simbolo di questo Parco, dominatore delle vette e degli ambienti estremi dell'area protetta.
Sul Gran Sasso i primi 3 Camosci arrivano all'Area Faunistica di Farindola (PE) il 29 luglio 1992 e a questo fa seguito nell'ottobre dello stesso anno la liberazione a Campo Pericoli nel cuore del massiccio dei primi 7 camosci totalmente liberi. Si ha subito un effetto "esplorazione" e i camosci si disperdono in varie direzioni. Durante l'inverno e la primavera successiva vengono avvistati esemplari nei comuni di Isola del Gran Sasso, Nerito di Crognaleto, L'Aquila, Pizzoli. Una sola femmina di nome Bella si stabilizza sul Monte Cefalone e sopravvive. Nel 1993 vengono liberati sul Monte Coppe altri 9 esemplari e un maschio di nome Gandalf, attraversa tutta la catena e, incontrandosi con Bella, si ferma sul Cefalone dando vita al branco che dal 1994 si riproduce felicemente. Gli altri animali colonizzano il versante meridionale della catena e scelgono le pareti più impervie del Monte Camicia dove l'ultimo Camoscio era stato ucciso dai cacciatori cento anni prima, nel 1892 come riportano le cronache di allora. Nel 1994 avviene l'ultima liberazione di 10 esemplari nello stesso sito.
Nel 1995 finisce la fase di erratismo e si stabiliscono tre distinti branchi in tre diversi territori. Nel 1998 la popolazione con la nascita di 13 piccoli Kid nei tre branchi era di circa 50 esemplari e l'areale di presenza si estendeva sulle creste dal Monte Camicia al Cefalone. Alla fine del 2001 i branchi di camoscio sono cinque, in quell'anno si contano 19 nuovi nati e il Censimento autunnale stima la popolazione in circa 90/95 esemplari. L'Area faunistica di Farindola viene "promossa" a Captive Breeding Area" per future liberazioni su altri massicci dell'Appennino Centrale. Il ministero dell'Ambiente, grazie anche ai risultati ottenuti sul Gran Sasso, stila il Piano d'Azione sulla specie che contiene le Linee Guida e le misure di tutela da perseguire.
Un secondo finanziamento Life della Comunità Europea nel 2002 prosegue l'approfondimento della reintroduzione, le problematiche evidenziate negli anni trascorsi, i possibili futuri scenari per la specie.
Nel 2003 la popolazione sale a circa 140 esemplari e 2 nuovi branchi si formano sul Monte Prena. Nel 2004 il monitoraggio evidenzia la nascita di 35 piccoli nati nei vari nuclei riproduttivi e la popolazione nel censimento autunnale viene stimata in circa 170 esemplari su un territorio che ormai coinvolge tutta la catena del Gran Sasso dal passo delle Capannelle a Vado di Sole. I dati del monitoraggio 2005, a dieci anni dalla formazione dei branchi da parte dei primi 26 animali rilasciati, evidenzia una situazione ottima con un accrescimento medio del 23% annuo, la formazione di 10 branchi, l'espansione di maschi in dispersione anche verso territori estremi come a sud verso il Monte Cappucciata e a nord sul Monte San Franco. Rimangono irrisolte alcune serie problematiche relative al randagismo, al sorvolo e alla monticazione dei pascoli ma la reintroduzione sembra avvita ad un felice finale.
Attualmente la popolazione di Camoscio è di oltre 400 unità suddivise in molti nuclei riproduttivi che garantiscono una buona "rimescolanza" genetica e una Popolazione Minima Vitale (MPV) accettabile dalla comunità scientifica.
Per l'Ente Parco l'orgoglio di essere riusciti, insieme a tutti gli altri protagonisti di questo progetto, ricercatori, università, Enti pubblici, Enti Parco, Associazioni a salvare dall'estinzione la Rupicapra pyrenaica ornata considerato da tutti il Camoscio più bello del mondo.